GLI ALBERI RACCONTANO

Durante le riunioni del gruppo Pianta il Futuro sono emersi confronti su riferimenti letterari, artistici, botanici degli alberi. Gli alberi possono essere uno strumento di riscoperta della bellezza attraverso le numerose contaminazioni culturali. Da qui la scelta di produrre delle tabelle che riportino delle citazioni per identificare i luoghi degli interventi di Pianta il Futuro.

Viburnum lantana

E s’aprono i fiori notturni nell’ora che penso a’ miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari.”Il Gelsomino Notturno” di Giovanni Pascoli

Pianta cantata nelle canzoni della tradizione popolare e nelle poesie il Viburno è una pianta appartenente alla famiglia delle Caprifoliaceae, originaria dell’Europa, dell’Asia e dell’America.

Il suo nome deriva dal latino”vincio” che significa ”legare, unire”; probabilmente per alludere alla buona flessibilità dei rami di alcune specie. Il viburnum lantana è un cespuglio con chioma di forma ovale caratterizzato da rami esterni ricadenti. La corteccia è giallastra nei rami giovani mentre il tronco e i rami più vecchi varia dal grigio al roseo, al bruno. Le foglie sono rugose e reticolate, hanno una forma lanceolata con margine dentellato e si dividono tra semplici e opposte.

Il Viburno è un arbusto e può arrivare a un’altezza che varia dai 5 ai 10 metri di altezza e viene spesso usato per la composizione decorativa di giardini o aiuole cittadine per questo motivo fa parte delle piante ornamentali.

Pianta cantata nelle canzoni della tradizione popolare e nelle poesie il Viburno è una pianta appartenente alla famiglia delle Caprifoliaceae, originaria dell’Europa, dell’Asia e dell’America.
Con il Viburno Lantana si può preparare un decotto di foglie per le sue proprietà astringenti e antidiarroiche. Per uso esterno invece si può usare per lavaggi e risciacqui astringenti anche contro l’alopecia oppure per scurire i capelli. Tra le sue proprietà troviamo anche quella per combattere l’asma allergica, di inibire gli spasmi bronchiali quindi di ristabilire la normale funzione respiratoria.

L’infusione di infiorescenze è antinfiammatoria, l’infusione di foglie e ramoscelli giovani, serve invece a preparare compresse da applicare su duroni, ulcere e foruncoli delle gambe.

Utile anche per rinforzare le gengive e contro le piccole emorragie. I getti giovanili, molto flessibili, venivano un tempo utilizzati al posto del salice, sia come legacci che per intrecciare cesti.

Ziziphus jujuba

Spoiate quando che ea se veste e vestete quando che ea se spoie
“Spogliati quando il giuggiolo si veste e copriti quandi si spoglia”.Proverbio popolare

Zìziphus è il nome latino, dal greco zìzoyfon.
L’albero, il giuggiolo, appartiene alla famiglia delle Ramnacee, con frutti a forma di oliva, dolciastri e con buccia di colore tra il giallo ed Il ruggine lucidi.

Il Ziziphus jujuba è un piccolo arbusto o albero munito di piccole spine. È una pianta a foglie decidue, alterne, di forma obovata o ovoidale con il margine finemente dentellato. Le foglie sono di colore verde lucido, la faccia superiore è verde brillante, quella inferiore invece risulta grigiastra e pubescente. Risultano essere piuttosto coriacee, adatte a resistere a climi caldi ed asciutti.

Pur essendo in grado di adattarsi a terreni di varia natura, il giuggiolo predilige climi piuttosto temperati, con inverni abbastanza miti e con estati lunghe e calde; la sua coltivazione richiede in particolare le condizioni atmosferiche che si creano in prossimità di laghi o di colline con buona esposizione.

Un vecchio proverbio accompagna questa pianta perché si riempie di foglie quando la primavera è ben inoltrata, tra aprile e maggio e poi tra le foglie escono i fiori che piano piano si gonfiano, le foglie sono sempre tante e fanno una bella ombra e i frutti ingrossandosi diventano tondi tondi fino alla maturazione che arriva ai primi giorni di autunno.

Erodoto paragona la dolcezza della giuggiola a quella del dattero, e descrive di come si potesse ottenere un liquido molto inebriante.

Alcuni sostengono che il loto di cui parlò Omero nel nono libro dell’Odissea fosse una specie di giuggiolo selvatico, e che quindi l’incantesimo dei Lotofagi non fosse provocato da narcotici, ma dalla bevanda alcolica preparata con i frutti del nostro piccolo albero.

La potente famiglia dei Gonzaga, nella propria residenza estiva sul Lago di Garda, offriva i propri ospiti un delizioso elisir a base di giuggiole. Il successo e la fama del brodo di giuggiole furono tali che in breve l’espressione assunse un carattere addirittura proverbiale, a indicare qualcosa di talmente buono da far sdilinquire, da far uscire quasi di sé per la contentezza.

Le giuggiole sono molto ricche in vitamina A e C, ferro, calcio e zuccheri; sotto questo aspetto possono essere paragonati ai fichi e ai datteri, e come questi ultimi è possibile seccarle, candirle o utilizzarle per la produzione di marmellate o ridurle in pasta.

Alcune parti della pianta di giuggiolo vengono anche utilizzate in fitoterapia ed erboristeria.

Le giuggiole si possono consumare fresche subito dopo la raccolta oppure si possono conservare per lungo tempo essiccandole o mettendole sotto spirito; si prestano inoltre per preparare confetture e sciroppi, o come ingrediente per farcire dolci secchi e biscotti. Il frutto del giuggiolo è inoltre l’ingrediente principale della ricetta di un particolare liquore, conosciuto come “brodo di giuggiole”.

Le giuggiole sono molto ricche in vitamina A e C, ferro, calcio e zuccheri; sotto questo aspetto possono essere paragonati ai fichi e ai datteri, e come questi ultimi è possibile seccarle, candirle o utilizzarle per la produzione di marmellate o ridurle in pasta.

Le giuggiole si possono consumare fresche subito dopo la raccolta oppure si possono conservare per lungo tempo essiccandole o mettendole sotto spirito; si prestano inoltre per preparare confetture e sciroppi, o come ingrediente per farcire dolci secchi e biscotti. Il frutto del giuggiolo è inoltre l’ingrediente principale della ricetta di un particolare liquore, conosciuto come “brodo di giuggiole”.
La ricetta odierna si basa sull’infusione idroalcolica di giuggiole mature, mele cotogne, scorze di limone, uva bianca e altra frutta, intera o in succo, con l’aggiunta di zucchero. Si lascia macerare per un paio di mesi e poi si filtra e si imbottiglia. Il risultato è un liquore dal colore rosso, dal profumo tipico di giuggiole e dal gusto pieno, dolce, vellutato e avvolgente. Può essere servito ghiacciato, in piccoli calici, oppure a temperatura ambiente a fine pasto, come digestivo. Grazie alla sua composizione si abbina egregiamente al gusto del cioccolato; può infine essere usato come ingrediente in pasticceria, nell’elaborazione di dolci particolari, o al bar, per preparare insoliti cocktail.